La Gita all'Aldo Moro
Ieri pomeriggio, annoiati dalla solita vita cittadina, abbiamo deciso di dedicare un po' di tempo al relax e alla pace, rifugiandoci nella verde quiete di Agrate, il tanto decantato Aldo Moro.
Dopo esserci ritrovati al CTDuxe e aver calmato Ori, in preda a deliri da assenza di trick-e-track dal vecchio, abbiamo tosto preso la decisione di andare al parco.
Il parco Aldo Moro, una entità leggendaria presente solo nella segnaletica Agratese, tuttavia sconosciuta nella sua vera essenza.
Me e Missa si attende l'arrivo di un altro valente compagno di avventura, Max.
Non appena questi giunge, si parte.
Ma l'inconveniente è subito dietro l'angolo. La Giuly non è intenzionata a venire, ammaliata da un più comodo riposo sotto il dorato sole della Brianza, ben più attraente di una lunga e sfiancante marcia.
Scopriremo solo più tardi che, al fine di placare l'eterna sete di Ori ormai giunta ai suoi apici, la Giuly è stata costretta a sacrificare ciò in cui più crede ed inesorabilmente ad accompagnarlo dal Barba.
Indeboliti nel numero ma non nello spirito inizia la nostra ventura.
Ma il cammino, ahimè, è lungo e denso di difficoltà.
Così, arrivati nelle vicinanze del Ragno Verde, decidiamo di riposarci e concederci un po' di ristoro a base di menta, yougurt e fior di latte.
Rinfrancato l'animo e il fisico, nulla più ci ha potuto scoraggiare dal raggiungere l'agognata destinazione. No, neppure i lavori in corso a sbarrarci la via, che ci costringono a seguire un'altra strada. Più lunga, forse, ma ricca di luoghi storici. Come la cassetta della posta senza fondo o il supermercato dove Missa, ragazzino, soleva esercitarsi in scorribande.
Si raggiunge al fine la meta.
Il parco è una visione dantesca, ricolmo di bambini nei recinti, uomini e donne, altalene e reti da pallavolo troppo alte per noi miseri umani, persone di ogni razza ed età.
Troppo ci sarebbe da raccontare su quello che ci è accaduto: un bambino costretto a recuperare il suo pallone da spiaggia su una ripida parete renza appigli, gli effluvi di una misteriosa compagnia edile vomitati nel laghetto per un misterioso tubo, un altro pallone disperso nello stesso lago, dove la leggenda vuole nuotino pesci noti con il nome di matsugoro, e come, per ultimo, non citare il Ristoro del Moro.
Terminata la nostra visita torniamo dunque al cineteatro passando per il Gelso, che purtroppo è spoglio dei suoi numerosi avventori.
Al Duxe consumiamo in fretta una frugale coca-cola scaduta, mentre nel frattempo arriva Simo, che ci irradia della sua saggezza e ci illustra i migliori videogiochi da utilizzare in ufficio.
Finisce qui il nostro pomeriggio, stanchi ma soddisfatti, sfiancati, benchè consapevoli della ricompensa che quella sera ci spetta:
hamburger, noccioline e braulio.
Dopo esserci ritrovati al CTDuxe e aver calmato Ori, in preda a deliri da assenza di trick-e-track dal vecchio, abbiamo tosto preso la decisione di andare al parco.
Il parco Aldo Moro, una entità leggendaria presente solo nella segnaletica Agratese, tuttavia sconosciuta nella sua vera essenza.
Me e Missa si attende l'arrivo di un altro valente compagno di avventura, Max.
Non appena questi giunge, si parte.
Ma l'inconveniente è subito dietro l'angolo. La Giuly non è intenzionata a venire, ammaliata da un più comodo riposo sotto il dorato sole della Brianza, ben più attraente di una lunga e sfiancante marcia.
Scopriremo solo più tardi che, al fine di placare l'eterna sete di Ori ormai giunta ai suoi apici, la Giuly è stata costretta a sacrificare ciò in cui più crede ed inesorabilmente ad accompagnarlo dal Barba.
Indeboliti nel numero ma non nello spirito inizia la nostra ventura.
Ma il cammino, ahimè, è lungo e denso di difficoltà.
Così, arrivati nelle vicinanze del Ragno Verde, decidiamo di riposarci e concederci un po' di ristoro a base di menta, yougurt e fior di latte.
Rinfrancato l'animo e il fisico, nulla più ci ha potuto scoraggiare dal raggiungere l'agognata destinazione. No, neppure i lavori in corso a sbarrarci la via, che ci costringono a seguire un'altra strada. Più lunga, forse, ma ricca di luoghi storici. Come la cassetta della posta senza fondo o il supermercato dove Missa, ragazzino, soleva esercitarsi in scorribande.
Si raggiunge al fine la meta.
Il parco è una visione dantesca, ricolmo di bambini nei recinti, uomini e donne, altalene e reti da pallavolo troppo alte per noi miseri umani, persone di ogni razza ed età.
Troppo ci sarebbe da raccontare su quello che ci è accaduto: un bambino costretto a recuperare il suo pallone da spiaggia su una ripida parete renza appigli, gli effluvi di una misteriosa compagnia edile vomitati nel laghetto per un misterioso tubo, un altro pallone disperso nello stesso lago, dove la leggenda vuole nuotino pesci noti con il nome di matsugoro, e come, per ultimo, non citare il Ristoro del Moro.
Terminata la nostra visita torniamo dunque al cineteatro passando per il Gelso, che purtroppo è spoglio dei suoi numerosi avventori.
Al Duxe consumiamo in fretta una frugale coca-cola scaduta, mentre nel frattempo arriva Simo, che ci irradia della sua saggezza e ci illustra i migliori videogiochi da utilizzare in ufficio.
Finisce qui il nostro pomeriggio, stanchi ma soddisfatti, sfiancati, benchè consapevoli della ricompensa che quella sera ci spetta:
hamburger, noccioline e braulio.
B4zzu
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